giovedì, Ottobre 10, 2024

L’obbligo morale dell’Africa Centrale nella lotta contro il riscaldamento globale

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I PAESI DELLA COMUNITÀ ECONOMICA DEGLI STATI DELL’AFRICA CENTRALE (ECCAS) SI SONO INCONTRATI A KINSHASA PER I LAVORI PREPARATORI ALLA COP27 DI SHARM EL-SHEIKH A NOVEMBRE. SUL TAVOLO DELLE TRATTATIVE DI VENTOTTO PAESI AFRICANI LE RESPONSABILITÀ DI CIASCUNO NELLA CONSERVAZIONE DELLE FORESTE DEL BACINO DEL CONGO PER CONTRASTARE LA CRISI CLIMATICA

Nei giorni scorsi, a Kinshasa, capitale della Repubblica Democratica del Congo, si sono riuniti i delegati dell’ECCAS. Nel corso del summit, le delegazioni hanno preso, tra le altre, la decisione di istituire l’equivalente regionale del Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC), il comitato scientifico sul clima dell’Onu.

Risoluzione che sarà ratificata nei prossimi giorni all’assemblea generale del Gruppo di ricerca sui cambiamenti climatici in Africa centrale.

«Non possiamo entrare in trattativa senza capire quello che abbiamo – ha detto Benjamin Toirambe Bmoninga, Segretario Generale per l’Ambiente e lo Sviluppo Sostenibile nella Repubblica Democratica del Congo -. Se la scienza ci aiuta ad avere informazioni credibili, aiuterà anche i politici nei negoziati ad avere un linguaggio coerente e obiettivi coerenti».

375 organizzazioni di 28 Paesi dell’Africa Centrale, un appello comune

I Paesi dell’Africa centrale contano sui finanziamenti della comunità internazionale ma, aggiunge Honoré Tabuna, Commissario ECCAS per l’Ambiente «non si tratta più di andare a piangere, di andare a dire alla comunità internazionale che ci sta dando risorse. Ora è chiaro che vogliamo impegnarci a livello interno, subregionale». Ovvero, l’alternativa è di coinvolgere in misura maggiore il settore privato con la creazione di una rete di imprese centrafricane per la green economy.

Ai negoziati sul clima di Sharm el-Sheikh in Egitto, la società civile africana si presenterà con una iniziativa che non ha precedenti: la “Carovana africana per il clima”.

Questo organismo, composto da 375 organizzazioni di 28 Paesi dell’Africa Centrale si è riunito per raccogliere le richieste dei cittadini al fine di preparare un appello comune.

«L’obiettivo è portare queste voci, metterle insieme e consolidarle, in vista dell’”advocacy” nel contesto di negoziati come il pre-COP o il prossimo COP – ha dichiarato la coordinatrice della “Carovana africana per il clima” Sena Alouka, fondatrice del movimento dei giovani volontari per l’ambiente -. Abbiamo fatto il giro delle montagne, siamo andati a visitare le comunità su palafitte del Benin. Siamo andati nelle foreste del Congo. Abbiamo attraversato le paludi in Senegal. L’idea è quella di poter ascoltare i cittadini, creare piattaforme di sinergia tra loro ed essere in grado di portare questo messaggio come elemento di “advocacy” e influenzare le decisioni».

Decisioni da prendere in merito all’agricoltura, alla finanza, alla giustizia climatica e su come fermare la crisi climatica che le comunità sperano, ovviamente, si risolvano in maniera rapida e favorevole.

Cosa si aspettano i Paesi membri di questa organizzazione subregionale

Le fa eco Azara Remalia Sanogo, co-organizzatrice della carovana e consigliere regionale “Food and Climate Justice” per Oxfam West Africa, che si rivolge agli Stati africani in maniera particolare affinché accelerino le politiche a favore del clima.

«Ci rivolgiamo infatti ai nostri Capi di Stato, alle nostre autorità nazionali e decentrate – ha reso noto Sanogo – per chiedere che le transizioni ecologiche, in particolare la transizione agroecologica, non solo la messa in sicurezza del territorio e delle risorse naturali, ma anche l’agroecologia e l’agroforestazione, la conservazione dell’acqua, la conservazione della biodiversità e che i nostri Stati possano adottare le misure, le leggi, i testi necessari e farli rispettare nei nostri Paesi e che questa transizione sia accelerata».

Azara Remalia Sanogo si appella, però, anche ai «Paesi ricchi e inquinanti che innanzitutto gli impegni di finanziamento di 100miliardi di dollari. Questa promessa è stata fatta nel 2009 ma vediamo che nel 2022 siamo ancora distanti».

L’altro impegno deciso alla COP26, a Glasgow, in Scozia, a ottobre del 2021 sul climate warming è quello sui finanziamenti ai Paesi a basso reddito, fino a mille miliardi di dollari l’anno per l’adattamento al clima. Ma, anche in questo caso, «non sappiamo come intendano rispettare questo impegno. Quindi chiediamo loro di attuare effettivamente quelle promesse», conclude Azara Remalia Sanogo. (fonte RFI – Radio France Internationale)

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