martedì, Dicembre 10, 2024

Africa: i cambiamenti climatici, le risorse, le guerre

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L’Africa è la vera vittima del riscaldamento globale

L’Africa, fonte di appena il 2 per cento delle emissioni di carbonio, è la vera vittima del riscaldamento globale. Una grave conseguenza dei mutamenti del clima sono i conflitti armati, con centinaia di migliaia di vittime civili.

«I nostri giovani si arruolano con gruppi terroristi per mancanza di lavoro e le difficili condizioni economiche. Contadini e allevatori litigano per la poca acqua rimasta. I pastori vanno in cerca di nuovi pascoli e così nascono i conflitti». Lo afferma Muhammadu Buhari, presidente della Nigeria. (fonte Africa ExPress)

La Nigeria è uno dei Paesi che si affaccia sul lago Ciad. Il lago, omonimo dello Stato africano che confina con il bacino, era tra i più grandi del continente. Era un’oasi nel deserto, nell’area del Sahel, regione a sud del Sahara. Sul lago, oltre a Ciad e Nigeria si affacciano anche Niger e Camerun.

Oggi, a causa dei cambiamenti climatici, per l’eccessivo utilizzo delle sue acque e per la prolungata siccità, il lago si è ridotto del novanta per cento. Nel 1963 la sua superficie era di 26mila chilometri quadrati. Oggi non raggiunge nemmeno 1.500 chilometri quadrati.

Da diversi anni, ormai, lungo il lago Ciad si consuma una delle più grandi tragedie umanitarie. I Paesi circostanti, infatti, sono in crisi a causa di conflitti interni.

Il caso della Nigeria

Africa - Un-pastore-semi-nomade-Fulani-imbraccia-un-fucile-automatico
Un pastore semi-nomade di etnia Fulani imbraccia un fucile automatico

In Nigeria, per esempio, il 50 per cento della popolazione sopravvive grazie all’agricoltura, alla pesca e all’allevamento di bestiame. L’aumento della siccità ha prosciugato il bacino e causato una grande diminuzione dei mezzi di sussistenza.

A causa di ciò, i giovani, si arruolano con Boko Haram, storico raggruppamento terrorista. Altri con l’ISWAP (Islamic State West Africa Province), una fazione che nel 2016 si è staccata dalla formazione jihadista.

I terroristi trucidano i contadini

Gli attacchi dei terroristi nei confronti dei contadini sono in costante aumento. Il 2020 è stato un anno nefasto. A fine novembre decine e decine di braccianti, nel Borno State (nod-est Nigeria), sono stati sgozzati.

Dal 2009 a oggi le vittime uccise dai terroristi nigeriani sono migliaia. Quasi 2milioni e mezzo di persone hanno lasciato le loro case. Gran parte degli sfollati sono ora accampate attorno al bacino del lago Ciad.

Un altro fenomeno in costante aumento nelle aree colpite da importanti cambiamenti climatici, però, è quello del sequestro di studenti e di attacchi armati su larga scala.

Secondo esperti, i responsabili delle aggressioni in queste zone sono i Fulani. Un gruppo etnico composto da molti pastori semi-nomadi. Questi, denunciano la scomparsa del loro bestiame e si lamentano di interferenze e aggressioni di gruppi di vigilanti. Gli agricoltori, infatti, per proteggersi dagli allevatori hanno designato gruppi di sorveglianti. Ma spesso queste “guardie” abusano della loro autorità.

Nel passato Fulani e agricoltori vivevano in armonia

Le mandrie dei pastori, fertilizzavano i campi dei contadini e offrivano a questi ultimi latte e carne. In cambio gli agricoltori offrivano ai Fulani grano e altri prodotti agricoli. Ma con i cambiamenti climatici e la siccità, la convivenza pacifica tra le due etnie si è trasformata in guerra. Gli Stati della Nigeria maggiormente interessati da questi conflitti sono: Adamawa, Benue, Nasarawa, Plateau e Taraba, al centro del Paese.

Un rapporto di SB Morgan Intelligence consulting, conferma che in Nigeria, negli ultimi vent’anni sono migliaia le persone morte durante gli scontri tra agricoltori residenti e i pastori semi-nomadi. E, solo dal 2018, queste ostilità hanno causato oltre 300mila sfollati.

Analisti e organizzazioni umanitarie sono convinti che la guerra tra pastori nomadi e contadini sia sempre stata sottovalutata dai governi.

Secondo la pubblicazione di SB Morgan, le milizie dei fulani sono più pericolose dei terroristi Boko Haram. E anche il database di Armed Conflict Location & Event Data Project (ACLED) afferma che l’11 percento delle morti di civili in Africa è causato da scontri con pastori.

L’ONU: in Africai cambiamenti climatici sono la causa maggiore delle guerre

Nel 2016, l’allora segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, sostenne che gli effetti negativi dei cambiamenti climatici condizionano il continente africano più degli altri.

E l’anno successivo, nel 2017, è stato il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, con la risoluzione numero 2439, ad affermare che in Africa i cambiamenti climatici sono la causa maggiore dei conflitti.

Infatti, dissidi dovuti ai cambiamenti climatici si riscontrano anche in altri Paesi del continente. Nel Corno d’Africa per esempio, 13milioni di persone, in Eritrea, Etiopia, Somalia e Kenya, devono lottare ogni giorno contro la siccità. Questo fenomeno causa migrazioni, tensioni etniche e terrorismo.

Le locuste del deserto

Ma un altro evento, nella stessa area, è legato ai cambiamenti climatici: l’invasione di immensi sciami di locuste che hanno devastato ettari e ettari di colture.

Africa - Invasione di cavallette (Courtesy IRC)
Invasione di cavallette (Courtesy IRC)

Ormai da oltre un anno le locuste del deserto (Schistocerca gregaria) continuano a invadere il Corno d’Africa. Dal Kenya, colpito dalla maggiore affluenza di sciami, le cavallette stanno devastando tutto il tutto il Sahel fino all’Oceano Atlantico. Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) la prossima generazione di ortotteri porterà ulteriori danni ai raccolti. Il picco maggiore si è registrato il 1° febbraio scorso.

L’allarme della FAO

L’Agenzia ONU per l’alimentazione e l’agricoltura avverte che in Etiopia, Yemen, Somalia, Sudan e Kenya sono a rischio fame oltre 39milioni di persone. Negli ultimi mesi, fa sapere la FAO, nel Corno d’Africa, questi insetti sono stati combattuti su un totale di 1,3 milioni di ettari. Ma nonostante gli sforzi, a causa dell’habitat favorevole per il cambiamento climatico, l’impatto delle cavallette non si ferma.

Numero verde ONA

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