martedì, Gennaio 14, 2025

Affrontare una malattia rara, la storia di Simone

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SIMONE È IL PRIMO BAMBINO IN ITALIA A ESSERE SOTTOPOSTO A UNA NUOVA CURA PER COMBATTERE LA MALATTIA RARA DEL DEFICIT DI AADC

La ricerca medica fa un passo avanti nella terapia genica e nella lotta contro le malattie rare. A trarne beneficio è Simone, bambino di appena tre anni affetto dal deficit di AADC. Per la prima volta in Italia, è stato sottoposto con successo al trattamento genico avanzato Eladocagene Exuparvovec al Policlinico Umberto I di Roma.

«Grazie alla squadra di ricercatori e di clinici dell’Università La Sapienza e del Policlinico Umberto I si apre, anche per i pazienti italiani affetti da questa grave malattia, una prospettiva terapeutica personalizzata ed efficace – ha dichiarato la Rettrice Antonella Polimeni –. Questo importante risultato costituisce un motivo di speranza per i tanti genitori di bambini affetti da patologie neurologiche rare. L’individuazione di terapie geniche mirate rappresenta spesso l’unica opzione possibile per prevenire o limitare la progressione della malattia. È fondamentale pertanto continuare a sostenere la ricerca scientifica di eccellenza».

Il dramma del piccolo Simone e dei suoi genitori inizia quando il bambino aveva solo sei mesi. Durante uno dei classici controlli pediatrici, Simone non riusciva a reggere la testa, la sua muscolatura era debole, con braccia spalancate e i pugni chiusi. Da qui hanno inizio una serie di controlli e viaggi, prima diretti all’ospedale San Marco di Catania poi all’IRCCS Fondazione Stella Maris di Pisa, dove viene diagnosticata al bimbo la rara malattia.

Una lettera è servita per velocizzare il cambiamento

A questo punto la famiglia si è rivolta al Policlinico Umberto I di Roma, centro di eccellenza per la terapia genica del deficit di AADC. Tra i soli sedici pazienti italiani a soffrire di questa malattia, Simone è l’unico a essere eleggibile per poter ricevere un innovativo trattamento in grado di cambiare il corso naturale della sua patologia: Eladocagene Exuparvovec. Tuttavia c’erano ancora degli ostacoli. Infatti il farmaco innovativo, sviluppato dall’azienda farmaceutica mondiale PTC Therapeutics, pur essendo autorizzato a livello europeo, non aveva ancora finito il suo iter di accesso in Italia.

L’attesa della famiglia si era protratta per un anno, un tempo enorme di fronte a una malattia degenerativa. Così i genitori del bambino, Sabrina e Sebastiano, hanno deciso di rivolgersi al governo per chiedere aiuto. «Ho deciso di contattare la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, insieme al Sottosegretario di Stato con delega alle Malattie Rare, Marcello Gemmato – racconta Sebastiano -. In questa lettera ho espresso una critica perché la terapia era disponibile in altri Paesi d’Europa, mentre l’Italia è sempre stata penalizzata. Con grande sorpresa questa lettera è stata letta e accolta. Ha fatto un ottimo effetto. Ho avuto contatti con il ministero della Salute e con l’onorevole Gemmato. Mi ha tranquillizzato e informato di tutti gli incontri con l’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) per trovare una soluzione. E alla fine ci siamo riusciti».

Approvato il nuovo trattamento contro questa malattia rara

E finalmente il 22 maggio scorso, dopo solo un mese dall’approvazione dell’AIFA, è arrivato il momento dell’atteso intervento. Il trattamento è stato infuso direttamente nel cervello con un intervento neurochirurgico durato oltre otto ore. Questo ha visto l’utilizzo di una strumentazione all’avanguardia, capace di portare, con assoluta precisione, attraverso delle specifiche cannule, la terapia in alcuni punti specifici del cervello. L’intervento è stato effettuato dal direttore di Neurochirurgia del Policlinico, Antonio Santoro, e dal neurochirurgo Luca D’Angelo, supportati dal direttore responsabile, Francesco Pisani.

«Per la prima volta in un ospedale pubblico è stata effettuata una terapia genica, in vivo, e con un’unica infusione (one shot): un risultato straordinario – ha affermato Fabrizio d’Alba, direttore generale del Policlinico –. La somministrazione è avvenuta attraverso un intervento stereotassico in narcosi. In altre parole, grazie al supporto della risonanza magnetica, si effettua un’iniezione intracerebrale, utilizzata anche per il trattamento di una serie di disturbi neurologici pediatrici e negli adulti. L’operazione è stata eseguita dall’equipe dei nostri eccellenti neurochirurghi che ringrazio personalmente, così come tutto il team di esperti e il personale infermieristico. Il sorriso splendido di Simone a poche ore dal risveglio è stata la più grande ricompensa per lo sforzo straordinario fatto da tutti gli attori di questa impresa».

Dopo aver ricevuto la visita anche dell’onorevole Gemmato, Simone è stato dimesso in pochi giorni dall’ospedale. Dovrà poi tornare per controllare gli effetti dell’intervento sulla progressione della malattia.

La svolta della terapia genica Eladocagene Exuparvovec

«Simone sta benissimo. È molto più dinamico e ha molta più energia. È anche un pochettino più monello del solito – racconta il papà Sebastiano -. Stiamo già vedendo qualche miglioramento ma non vogliamo sbilanciarsi oltre perché si richiede un pochettino più di tempo. Ci tengo veramente tanto a ringraziare la struttura dell’Umberto I, che ha fatto un lavoro fantastico, e anche l’AIFAC. Ci sono davvero tanti personaggi che ci hanno accompagnato in questa avventura. Tante belle persone ci hanno accompagnato e aiutato in tutto il percorso. Grazie di tutto quello che avete fatto per Simone. Grazie anche da parte sua».

Fino a pochi anni fa, la prognosi per i bambini nati con questo deficit era incerta. L’unico trattamento disponibile serviva solo ad alleviarne i sintomi. Oggi, però, la terapia genica Eladocagene Exuparvovec rappresenta, contemporaneamente, una sfida e una speranza per tutti gli specialisti delle malattie neurometaboliche rare e per i loro giovani pazienti.

«Pensiamo costantemente al futuro di Simone – ha dichiarato la mamma Sabrina -. Sappiamo che non potrà recuperare al 100%, ma siamo fiduciosi che possa raggiungere una maggiore autosufficienza. Simone ha diritto a una vita migliore».

Deficit di AADC, una malattia rara in tutto il mondo

Ma in cosa consiste esattamente il deficit di AADC? Il deficit di decarbossilasi degli L-aminoacidi aromatici è una malattia genetica rarissima, di cui si contano circa duecento casi in tutto il mondo. Essendo una patologia neurometabolica, causa un’invalidità progressiva che colpisce la vittima sin dai primi mesi di vita.

«Senza l’enzima AADC, l’organismo non è in grado di sintetizzare i neurotrasmettitori dopamina e serotonina – spiega Roberta Battini, professoressa di Neuropsichiatria Infantile dell’Università di Pisa e responsabile dell’unità di riferimento dell’IRCCS Fondazione Stella Maris di Pisa -. L’inadeguata sintesi di questi neuromediatori comporta un’importante alterazione della connettività cerebrale. Determina così l’insorgenza di una serie di sintomi, come disturbi del movimento, disabilità intellettiva, crisi oculogire, disturbi del respiro, congestione nasale, reflusso gastroesofageo, ipoglicemia, irritabilità e pianto frequente».

Perciò soffrire di questa patologia riduce di molto la qualità e l’aspettativa di vita, se non si interviene precocemente. Per questo ha un’importanza fondamentale la diagnosi precoce. Secondo la professoressa Battini, oggi questo è possibile grazie a un semplice ed economico test in grado di individuare l’incremento di un biomarcatore periferico, la 3-O-metildopa (3-OMD).

«Basterebbe inserire questo test nel panel dello screening neonatale in Italia per identificare, immediatamente dopo la nascita, i bambini affetti da deficit di AADC – continua Roberta Battini -. Il test, unito alla prospettiva della terapia genica, donerebbe a questi piccoli pazienti, pur nella loro rarità, cure precoci. Si potrebbe garantire loro uno sviluppo più vicino possibile a quello tipico, evitando i danni al sistema nervoso centrale e periferico derivanti dalla patologia».

Inoltre, ottenendo una diagnosi, ci si potrebbe sottoporre a questa prima terapia avanzata al mondo. Eladocagene Exuparvovec è infatti indicato per pazienti di età pari o superiore ai 18 mesi. Questi possono così recuperare le tappe di crescita perse a causa della malattia.

I benefici della terapia genica avanzata

Eladocagene Exuparvovec è un farmaco a base di un virus adeno-associato ricombinante sierotipo 2 (AAV2), modificato per trasportare una versione funzionante del gene DDC umano per la produzione dell’enzima AADC. L’iniezione intracerebrale consente quindi alle cellule di acquisire la capacità di sintetizzare la dopamina. E, come dimostra il recente studio condotto dalla National University di Taiwan, l’esito del trattamento si è rivelato positivo sia per il recupero della funzione motoria sia per quella cognitiva. In più i benefici continuano a essere osservati anche a più di cinque anni di distanza dall’intervento.

Trionfa così ancora una volta la ricerca scientifica, che è riuscita a rendere disponibile per le persone con queste malattie rarissime una terapia in grado di cambiare la progressione naturale della patologia. Ma tutto questo non sarebbe stato possibile senza il dialogo, la collaborazione e il lavoro di squadra che ha visto coinvolti il governo, l’AIFA, la PTC Therapeutics e l’equipe di specialisti del Policlinico Umberto I.

«Siamo felici di aver contribuito a cambiare in maniera determinante e sostanziale la vita di Simone – ha affermato Riccardo Ena, direttore esecutivo di PTC Therapeutics – . Il nostro obiettivo come PTC Therapeutics è proprio quello di puntare al binomio di ricerca e opportunità terapeutica per essere al servizio dei pazienti».

Numero verde ONA

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