OGGI RICORRE LA “GIORNATA MONDIALE DELL’ACQUA” (WORLD WATER DAY). IL TEMA DI QUEST’ANNO È “ACCELERARE IL CAMBIAMENTO”, PER RISOLVERE LA CRISI IDRICA E IGIENICO SANITARIA ENTRO IL 2030
Il 22 dicembre 1992, con la risoluzione A/RES/47/1993, l’Assemblea Generale dell’ONU ha dichiarato il 22 marzo Giornata Mondiale dell’Acqua, World Water Day. La ricorrenza viene celebrata dal 1993.
Essa nasce dall’idea che l’accesso all’acqua sicura e pulita sia un diritto umano di base. Il quale, al momento, non viene garantito a tutti in egual misura. Per cui gli Stati sono chiamati a porre in atto iniziative politiche, governative o sociali, per “accelerare il cambiamento” e raggiungere la sostenibilità. Unica strada per migliorare la situazione a livello globale, secondo i “dictat” dell’Agenda 2030.
Questo il tema scelto per la Giornata 2023, nella speranza di ridimensionare la crisi idrica e igienico-sanitaria che attanaglia il mondo. Specie a fronte di anni e anni di uso sconsiderato, cattiva gestione e progressiva riduzione dell’oro blu, causa climate change. E proprio in quest’ottica, le Nazioni Unite hanno deciso di lanciare uno tra gli eventi più importanti degli ultimi 50 anni. La UN 2023 WATER CONFERENCE, che si svolge al palazzo dell’ONU di New York, da oggi fino al 24 marzo. Sul punto, il segretario generale dell’ONU Antonio Guterres aveva già lanciato l’allarme: «Siamo vampiri senza scrupoli e andiamo ciecamente verso una crisi idrica globale».
La Conferenza Sull’Acqua 2023
Una tre giorni pensata per modificare il modo in cui l’acqua viene utilizzata e gestita e per creare un’agenda (Action Agenda), destinata ai Paesi, alle imprese e alle comunità. I temi principali sui quali discutere sono cinque, organizzati in dialoghi interattivi: acqua per la salute, lo sviluppo sostenibile, per clima, resilienza e ambiente. Per la cooperazione e per velocizzare l’attuazione degli obiettivi del decennio. Le tematiche, essenzialmente, riprendono e sostengono i cinque principi dell’SDG 6 “Global Acceleration Framework”, dell’Agenda 2030. Cioè il raggiungimento della gestione sostenibile dell’acqua, mirando appunto a velocizzare metodi e risultati.
La crisi igienico-sanitaria
Come ci ricorda l’ONU «L’acqua è fondamentale per il benessere umano, l’energia e la produzione degli alimenti, per gli ecosistemi sani, la parità di genere e la riduzione di povertà».
Tuttavia, i numeri attuali riportano che circa 4miliardi di persone nel mondo, soffrono di scarsità idrica estrema un mese all’anno. E che oltre 800mila muoiono ogni anno, a causa di malattie correlate ad acqua non sicura, servizi igienici inadeguati e povere pratiche igieniche. Una crisi igienico-sanitaria senza precedenti. Ne è un esempio il Pakistan, messo in ginocchio dalla devastante alluvione di sei mesi fa.
L’esempio del Pakistan
Secondo l’UNICEF «oltre 10milioni di persone, compresi i bambini, vivono in aree colpite dalle inondazioni senza accesso ad acqua sicura».
Nelle regioni più in difficoltà, poi, la situazione è proprio endemica. Parliamo, infatti, di un aumento del 14% della defecazione a cielo aperto, per assenza di servizi igienici di base.
Con la conseguente diffusione di malattie correlate all’utilizzo di acqua malsana. Come colera, diarrea, febbre dengue e malaria. Le quali, a loro volta, accrescono la malnutrizione infantile (circa 1,5milioni di bambini). Specialmente i più piccoli, infatti, quando “normalmente” indisposti, non riescono a trattenere cibo e nutrienti essenziali.
Figuriamoci in situazioni così estreme di malattia. A ciò, si aggiunga l’impossibilità di accesso ai servizi sociali essenziali (negati a circa 9,6mln di bambini), per capire la reale portata della crisi.
E non solo in Pakistan, ma anche in tantissimi Paesi terzi che, più di altri, risentono della cattiva gestione della risorsa e del climate change.
Lo stress idrico
Anche i cambiamenti climatici contribuiscono pesantemente alla crisi idrica. Infatti, come osserva l’ONU: «Dall’aumento delle inondazioni, dell’imprevedibilità delle piogge, e della siccità, gli impatti sul cambiamento climatico e sull’acqua si fanno sentire. E hanno un ritmo sempre più rapido. Minacciando lo sviluppo sostenibile, la biodiversità e le persone, di avere accesso ad acqua e servizi igienici».
Per queste ragioni, occorrono strategie concrete e repentine, per migliorare la situazione e velocizzare il raggiungimento della sostenibilità. Ma come? Prima di tutto partendo dal basso e dalle buone pratiche quotidiane. E poi da politiche interne mirate e concrete, che gestiscano il problema e creino risorse alternative.
La proposta di Legambiente
Legambiente, in occasione del World Water Day, ha lanciato lo slogan “La sifda dell’acqua passa dalle città”, con cui chiede al governo Meloni una strategia idrica nazionale.
A partire da una roadmap degli spazi cittadini che punti al recupero del 50% delle acque meteoriche entro il 2030. E un rigoroso riutilizzo delle acque reflue.
Infatti, come afferma il direttore generale di Legambiente Giorgio Zampetti: « Quella che chiamiamo emergenza siccità, è una condizione ormai ordinaria a cui è necessario adattarsi. Il Governo Meloni passi dalle parole ai fatti». Aggiungendo che «oltre alle proposte dedicate all’ambiente urbano che lanciamo oggi, è fondamentale definire un piano di razionamento dell’acqua per agricoltura, usi civili e industriale per una tempestiva riduzione dei prelievi. Diffondere e praticare in agricoltura il riutilizzo delle acque reflue depurate, cogliendo al meglio l’occasione del recepimento del regolamento europeo».
Le acque meteoriche e reflue
L’associazione ritiene che «partire dall’ambiente urbano per adattarsi alla scarsità idrica del Paese» sia un primo passo importante. E i numeri parlano chiaro: «il 2022 è stato dichiarato dalla Società Meteorologica Italiana come l’anno tra i più estremi mai registrati in termini di caldo e deficit di precipitazioni». E «secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale CittàClima, sono aumentati del 367% i casi di danni dovuti alla siccità».
Quindi, il grande potenziale di recupero delle acque meteoriche e reflue potrebbe essere una soluzione. Infatti, secondo una stima del 2020, fatta su 109 capoluoghi di provincia, tutta l’acqua piovana caduta in Italia sui tetti o sull’asfalto e convogliata nelle fognature, ammonta a circa 33miliardi di m3.
Uno spreco enorme di risorse che potevano essere recuperate. Quanto alle aree rurali, qui si potrebbero utilizzare le acque reflue che, se adeguatamente depurate, corrisponderebbero a 9mld di m3 di acqua ricca di nutrienti.
Il “decalogo urbano”
Legambiente quindi, propone proprio un decalogo per migliorare la risorsa idrica in città. Tra i punti salienti, approvare, in tutti i Comuni regolamenti edilizi con obblighi di recupero, riutilizzo e risparmio dell’acqua. Infrastrutture e tetti verdi per catturare e trattare l’acqua piovana.
Riuso, recupero e riciclo delle diverse fonti d’acqua con un trattamento che corrisponda all’uso, garantendone così una gestione integrata.
Ammodernamento della rete idrica per evitare perdite o rifornire i corpi idrici e i loro ecosistemi, scaricando solo quello che può essere assorbito dall’ambiente naturale.