LE POPOLAZIONI DI LEONE SONO DIMINUITE DI QUASI IL 50% NEGLI ULTIMI VENTI ANNI A CAUSA DELLA DISTRUZIONE DELL’HABITAT E DEL BRACCONAGGIO
Le popolazioni di leone presenti in Africa hanno perduto il 90% del loro areale originario e il numero di individui è calato drasticamente nell’ultimo secolo. Da 200mila individui agli inizi del ‘900, oggi nel continente ne sono rimasti meno di 30mila.
Nella Giornata mondiale del leone, che si celebra ogni anno il 10 agosto, il WWF lancia l’allarme per il futuro di questa specie iconica. La riduzione dei leoni in Africa, infatti, non sembra arrestarsi. Dai dati più recenti emerge che, solo negli ultimi venti anni, la popolazione ha subito un declino del 43%.
L’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura (IUCN) classifica la specie come “vulnerabile”, ma in continuo calo numerico. Tra le cause principali la perdita e il degrado dell’habitat, causati principalmente dall’incremento della popolazione umana e dalla maggiore diffusione delle infrastrutture.
Le minacce
A mettere a serio rischio la sopravvivenza della specie intervengono diversi fattori. Dalla diminuzione di alcune delle sue prede elettive, al conflitto diretto e indiretto con l’uomo, causato in primis dalle predazioni a danno del bestiame domestico.
Da non sottovalutare il bracconaggio, legato anche al commercio illegale di pellicce e altre parti del corpo. Ciò accade nonostante la specie sia inserita dal 1975 nella CITES, la convenzione internazionale che regola il commercio di animali e piante e loro parti.
Infatti, gli ultimi dati mostrano un aumento della richiesta sul mercato di ossa e altre parti di leone. Sono utilizzate per la medicina tradizionale cinese, in sostituzione dei prodotti derivanti dalla tigre, sempre più difficili e costosi da reperire.
Altra minaccia è l’aumento degli accoppiamenti tra consanguinei con perdita di diversità genetica, causate dalla frammentazione dell’habitat e dalla presenza di popolazioni sempre più isolate.
Le aree di distribuzione
I leoni sono presenti in ventisette Paesi africani, ma solo in sette di questi si contano popolazioni con più di un migliaio di individui. La specie è, invece, ormai estinta in ventisei Stati del suo areale di origine.
I leoni contribuiscono direttamente ai servizi ecosistemici perché sono animali iconici in grado di attrarre ogni anno milioni di turisti nelle aree dove vive. Muovono, dunque le economie di molti Paesi africani.
Il mantenimento degli habitat dei leoni contribuisce allo stoccaggio del carbonio e alla tutela delle sorgenti che forniscono acqua potabile alle comunità locali. Queste aree garantiscono il sostentamento alimentare delle comunità locali e contribuiscono alla protezione dagli eventi estremi causati dal cambiamento climatico.
La convivenza fra il leone e le attività umane
Il report WWF-UNEP di luglio 2021 sui conflitti tra uomo e fauna selvatica dimostra che la convivenza tra attività umane e leoni è possibile. Esempio positivo di gestione dei conflitti è l’amministrazione dell’area protetta di Kavango Zambezi in Sud-Africa.
Qui, un approccio integrato ha prodotto prima una diminuzione e poi l’azzeramento del numero di uccisioni illegale di leoni. Prima del 2013, anno in cui l’amministrazione ha intrapreso un percorso di convivenza sostenibile, ogni anno venivano uccisi una ventina di leoni, all’interno dell’area protetta.
Oggi, il parco ospita circa il 15% della popolazione di leoni africani.
Dal 2020 il WWF, in collaborazione con gli operatori del Parco e il Dipartimento per i Parchi nazionali e la fauna selvatica DNPW, ha intrapreso una ricerca scientifica, dotando di collare radiotrasmittente alcuni individui del felino, con il fine di ottenere maggiori informazioni sul comportamento e le abitudini della specie e poter così conoscere e prevenire al meglio le occasioni di conflitto con l’uomo.
Solo agendo sull’arresto della distruzione del suo habitat, sulla prevenzione dei conflitti e sulla sensibilizzazione delle comunità locali potremo dare un futuro al felino più iconico del Pianeta.